Una delle questioni più discusse è quella della qualificazione delle spese in “ordinarie” e “straordinarie”.
Uno tra i problemi più consistenti riguarda, appunto, l’individuazione corretta di cosa i giudici intendano per ‘‘spese straordinarie’’, data l’assenza di qualsiasi specifica definizione normativa in proposito. Il legislatore, forse al fine di garantire la ricerca da parte dei giudici della migliore soluzione per le singole fattispecie concrete, non detta alcuna disposizione destinata ad elencare e distinguere precisamente le spese attinenti al soddisfacimento dei bisogni della prole, tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘spese ordinarie’’.
È necessario specificare come le ”spese straordinarie”, secondo la giurisprudenza più recente, non possano mai ritenersi comprese in modo forfettario all’interno della somma da corrispondersi con l’assegno periodico e/o come mantenimento diretto (Cass. civ., n. 9372, del 08 giugno 2012, nella parte in cui si afferma che: ”… la soluzione di includere le spese straordinarie, in via forfettaria, nell’ammontare dell’assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’articolo 155 cod. civ. E con quello dell’adeguatezza del mantenimento, poiché si introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia”).
Il prevalente e costante indirizzo giurisprudenziale, al fine di fornire un criterio generale di differenziazione tra l’una e l’altra categoria, riconosce che le ‘‘spese ordinarie’’ sono quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, ed invece le ‘‘spese straordinarie’’ sono, invece, gli esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, rispetto ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori (Cass. Civ., n. 7672, del 19 luglio 1999; Cass. Civ., n. 6201, del 13 marzo 2009; Cass. Civ., n. 23411, del 04 novembre 2009; tra le pronunce dei giudici di merito v. a titolo esemplificativo Tribunale di Firenze, n. 3204, del 2005; Tribunale di Taranto, n. 321, del 22 febbraio 2010; Tribunale di Palermo, n. 4214, del 09 ottobre 2012); (Tribunale di Catania, ordinanza del 11 ottobre 2010; il Tribunale di Catania già il 04 novembre 2008, definiva le spese straordinarie come: ‘‘quelle connotate dal requisito dell’imprevedibilità che non ne consente l’inserimento nell’assegno mensile, il quale copre le normali esigenze di vita quotidiana ma non gli esborsi (eventualmente anche periodici) dettati da esigenze specifiche non quantificabili ex ante proprio perché non rientranti nella consuetudine di vita avuto riguardo al livello sociale del nucleo familiare’’).
Una importante questione che concerne la differenza tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘scelte straordinarie’’, o meglio ‘‘di maggior interesse’’, che secondo quanto previsto all’articolo 155, comma 3, debbono essere assunte ‘‘di comune accordo’’ tra i genitori. In altre parole, quindi, ciò che spesso il genitore non collocatario (o non affidatario) contesta all’altro, innanzi ad una richiesta di rimborso, è il fatto che la spesa effettuata non sia stata decisa concordemente ma, al contrario, in modo unilaterale ed arbitrario, cosicché nulla a lui può essere addebitato.
Una recene pronuncia della Cassazione n. 10174, del 20 giugno 2012 è esemplificativa in proposito nella parte in cui si legge che: ‘‘l’affidamento congiunto……presuppone un’attiva collaborazione degli stessi nell’elaborazione e la realizzazione del progetto educativo comune, imponendo pertanto, nell’accertamento della paternità delle singole decisioni, quanto meno di quelle più importanti, la verifica che le stesse sono state assunte sulla base di effettive consultazioni tra i genitori, e quindi con il consapevole contributo di ciascuno di essi. Ne discende che la parte la quale richieda il rimborso di spese sostenute per il minore, al fine dell’accoglimento della domanda, ha l’onere di fornire la prova di aver provveduto a consultare preventivamente l’ex coniuge, al fine di ottenere il consenso all’atto; e, in particolare, ad esempio, all’iscrizione della prole presso un istituto privato’’. Nel caso concreto, quindi, l’iscrizione della minore ad una scuola privata, come qualsiasi altra decisione di ‘‘maggiore interesse’’, si sarebbe dovuta assumere concordemente, l’assenza, invece, di qualsiasi consultazione del genitore non collocatario esclude che lo stesso possa essere solo richiamato per effettuare parte dell’esborso straordinario che ne consegue”.